Frammenti di Mattia Preti nel mondo, orgoglio amaro per il cavaliere calabrese

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“non c’è via più sicura per evadere dal mondo che l’arte, ma non c’è legame piu sicuro con esso che l’arte”. Cosi scriveva Goethe, l’ultimo “uomo universale”, nelle sue Affinità Elettive. Da qui uno strano binomio: il mondo e i quadri ,strano quanto i destini di alcuni dipinti, che fanno il giro del mondo e si fermano dove non si potesse immaginare, ed è negli ultimi miei viaggi che ho toccato con mano tali stranezze. Qualche giorno fa trovandomi a Budapest, nella galleria di piazza degli Eroi, ho ammirato il nostro Mattia Preti accanto a grandi come Caravaggio e Canaletto in una mostra sospesa tra il sacro e il profano a cavallo tra Barocco e Rococò. Orgoglio amaro il mio, per il Cavalier Calabrese, nativo di Taverna di Catanzaro, le cui opere si trovano sparse per il mondo e non trovano pace. Potrebbe essere orgoglio pieno, se solo si potesse dare piu luce alla nostra storia, se si potessero raccogliere tutti questi frammenti di terra calabra e costruire un humus nostrano e potente per il decollo del nostro turismo. Anche l’anno scorso ad Amsterdam,al Rijksmuseum è stata una sorpresa ammirare un calabrese tra i maestri d’arte internazionali e accanto a me centinaia di persone con lo stesso stupore per tanta maestria, un grande talento calabrese, figlio del mondo. Ancora piu indietro nel tempo, nel 2004 ero appena maggiorenne quando ammiravo attonita le decorazioni della Co-Cattedrale di San Giovanni a Malta, dove il pittore dipinse qualcosa come 400 opere. E cosi accade a Madrid, Vienna, Grenoble, Parigi, Varsavia, Houston, Colonia, Toronto dove vengono esposte le opere del nostro grande maestro della Scuola Napoletana, Mattia Preti. Nel 2010 Taverna ha festeggiato il IV centenario dalla nascita di Mattia Preti, istituendo finanche un Atlante Pretiano per la futura ripartizione omogenea delle opere pretiane nelle 5 province calabresi. Con la collaborazione tra il borgo Catanzarese e l’isola di Malta, dove l’artista si trasferì nel 1661, chiamato dal gran maestro Raphael Cotoner e dove restarono gran parte dei suoi dipinti e affreschi. Questa frammentarietà della sua opera fa pensare, dovrebbe far pensare soprattutto le istituzioni, che non danno l’attenzione giusta alla richezza che l’artista ci ha lasciato e che potrebbe essere la chiave per creare attrattiva. Perche gli operatori turistici devono stare ad inventarsi non so quale servizio o prodotto per attrare il turista, quando abbiamo qualcosa di nostro, che il mondo ci invidia e ammira altrove quando potrebbe essere rivalutato nella stessa Calabria che gli ha dato i natali. L’orgoglio deve essere tale e non amaro, perciò cerchiamo tutti di rivalutare ciò che abbiamo, solo cosi si potrebbe iniziare a parlare di vero turismo calabrese.

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